mercoledì 17 febbraio 2010

Moria di pesci sul litorale adriatico

http://www.blitzquotidiano.it/ambiente/ravenna-moria-di-pesce-azzurro-la-causa-e-ipotermia-235679/

Dall'ultima settimana di gennaio si è registrata lungo il litorale Romagnolo, con spiaggiamenti da Marina di Ravenna fino a Cesenatico, Rimini e Misano Adriatico, una straordinaria moria di pesce azzurro. La specie interessata è l'Alaccia o Aringa mediterranea (Sardinella aurita). Il parere tecnico del responsabile del servizio veterinario Asl di Ravenna è, appunto, che la causa della moria di un così gran numero di esemplari è dovuta a ipotermia, trattandosi di una specie abitualmente presente in acque da temperature più miti, e non da particolari fenomeni di inquinamento o improvvise e sconosciute malattie. I lavori di verifica sono stati compiuti dalla Gaurdia costiera, sia da terra che con un’uscita in mare della motovedetta Guardia Costiera Cp 847, e dal personale tecnico sanitario dell’Arpa e dell’Ausl di Ravenna. Gli accertamenti avrebbero così escluso la possibilità della presenza di bio-tossine algali e/o di idrocarburi. Lo straordianrio fenomeno non è comunque nuovo, in quanto una condizione analoga si verificò già nel gennaio-febbraio 2002. L'areale di distribuzione originario dell'Alaccia era costituito dalla fascia meridionale del Mediterraneo, ma negli ultimo 15 anni si è esteso a gran parte del bacino. Si tratta pertanto di una specie abituata ad acque caldo-temperate che mal tollera basse temperature. Quindi, in inverni particolarmente rigidi, ove le acque del bacino centro-settentrionale dell´Adriatico sono interessate da temperature inferiori ai 6°C, tendono a morire in massa. La temperatura delle acque superficiali dell'Adriatico Nord-occidentale rilevate a fine gennaio dal Battello Oceanografico Daphne era compresa tra 5.01 e 5.32 °C. Queste foto di Michael De Sanctis documentano una analoga moria registrata a inizio febbraio sulle spiagge di Termoli (Molise), e gli assembramenti di gabbiani attirati dai pesci morti sulla battigia.


Seguono due video girati a Cervia e Rimini

1 commento:

  1. Sulla moria delle Alacce e le implicazioni con la teoria del 'cosiddetto' Riscaldamento Globale, riportiamo di seguito questo interessante articolo di Riccardo Cascioli
    ARINGHE NELL'ADRIATICO, SEDOTTE E ABBANDONATE

    di Riccardo Cascioli

    Fino a un po’ di tempo fa gli animali si spostavano alla ricerca del cibo, come il famoso lupo di San Francesco; ora invece sembra che girino con il termometro in mano alla ricerca del luogo dove la temperatura misurata è identica a quella media preferita. Almeno a quello che si legge sui giornali, dove basta un esemplare di specie aliena per dimostrare l’esistenza del riscaldamento globale.

    Un caso esemplare è proprio di questi giorni e ha per protagonista l’aringa mediterranea (conosciuta anche come Alaccia) che, davanti alle coste romagnole muore di freddo. I giornali del 26 gennaio (vedi Il Resto del Carlino) infatti ci informano di una morìa di aringhe dalle proporzioni allarmanti, nell'ordine di diverse tonnellate. "Adriatico una ghiacciaia" titola il giornale: i tecnici dell’Arpa ci informano che la temperatura misurata in superficie è intorno ai 5 gradi ed è il perdurare di questa situazione che rende l’ambiente ostile alle aringhe.

    E pensare che appena pochi mesi fa il Mare Adriatico veniva paragonato al Mar dei Caraibi. Era il 28 luglio 2009 e un articolo ci spiegava che la tropicalizzazione del Mare Adriatico aveva portato sulle coste romagnole una lunga lista di pesci provenienti da Africa, Cina, Australia. In particolare le nostre alacce erano arrivate in Romagna nell’inverno 2008/2009 provenienti dall’Africa meridionale. In realtà il tecnico dell’Arpa Attilio Rinaldi, che ha documentato la morìa di questi giorni, sostiene che l’aleccia proviene dal Mediterraneo meridionale, ma non stiamo a sottilizzare: siccome non siamo esperti di pesci ci limitiamo a registrare pareri diversi.

    Ad ogni modo il problema, fino a poco tempo fa, sembrava essere il riscaldamento dell’Adriatico e se avessimo dovuto pronosticare sul motivo della morìa avremmo decisamente puntato sull’arrostimento piuttosto che sul congelamento, un modo nuovo di procurarsi aringhe affumicate. Anche perché il noto giornalista scientifico del Corriere della Sera, Franco Foresta Martin, l’11 settembre 2007 rilanciava l’allarme dell’Icram (Istituto per la ricerca sul mare), secondo cui l’Adriatico è destinato a diventare una palude salmastra a causa del surriscaldamento delle acque.

    Nell’Adriatico – dice l’articolo – “si registra un aumento di due gradi anche nei mesi invernali e fino a 100 metri di profondità. L’anomalia ha già interrotto la corrente del Golfo di Trieste, un flusso che contribuisce al rimescolamento delle acque dell’intero Mediterraneo e la cui prolungata assenza comporterebbe rischi gravi per l’intera catena alimentare marina. ‘Senza questa corrente che si muove in direzione Nord-Sud, l’Adriatico si trasformerebbe in un mare fermo e sempre più caldo – ha spiegato il direttore scientifico dell’Icram Silvestro Greco -. Dal Golfo di Trieste fino alla costa pugliese si creerebbe una palude salmastra..”. Cosa dire davanti a tanta scienza?

    Del resto Greco e Foresta Martin fanno la figura dei moderati se paragonati a quanto dichiarato pochi mesi prima da Rosalia Santoleri dell’Isac-Cnr (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima – Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Roma: in un articolo dell’agenzia AGR del 23 luglio 2007, afferma infatti che secondo il suo istituto nella primavera 2007 si è addirittura registrato un aumento di 4° nella temperatura dell’Adriatico rispetto alla media, tale che il mare Adriatico “diventa sempre più tropicale”. A preoccupare non è soltanto l’impennata di un anno ma il perdurare di una tendenza iniziata già nel 1980.
    (continua qui)

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